Lavoro

Partinico, il deserto dell’area artigianale: solo un terzo delle imprese operative, tra crisi e disfunzioni

Da 6 anni oramai completata ma dell’area artigianale che doveva essere “il fiore all’occhiello” di Partinico c’è ben poco. Appena un terzo dei lotti sono operativi in un terreno ampio ben 17 ettari, la crisi del comparto artigianale è imperante e Partinico resta ancora sul piano imprenditoriale sottosviluppata mentre si riempie sempre più di strutture di beni i consumo, specie della grande distribuzione.

In pratica non produce ricchezza ma sostanzialmente spende, seppur con una contrazione di consumi per via della crisi. I dati sono impietosi: “Una quindicina di imprese, alcune operanti ed altre in via di apertura, sono presenti su uno spazio totale che permetterebbe l’insediamento di una quarantina di aziende” afferma il neo direttore generale (ex segretario, ndr) della Cna di Palermo, il partinicese Giuseppe Varvaro.

Proprio nel 2011 si completò l’ultima tranche di interventi per ammodernare l’area artigianale: il ministero delle Attività produttive spese mezzo milione di euro per realizzare le opere di urbanizzazione, gli allineamenti della palificazione dell’illuminazione pubblica, il livellamento delle strade ed il relativo asfalto. Si pensava potesse essere davvero la scintilla che finalmente facesse decollare questa zona ed invece si è rimasti solo delusi.

Una parte delle imprese che oggi operano in contrada Margi è entrata grazie allo sblocco della misura 5 della Regione che nel 2013 dava la possibilità alle piccole e medie imprese di accedere a fondi per gli investimenti negli insediamenti produttivi, senza più l’obbligo di una fideiussione bancaria. Ad essere finanziati interventi tra 50 mila e 2 milioni di euro. Da allora però non ci sono state più grandi occasioni e chiaramente la crisi ha fatto il resto: mancanza di liquidità e di opportunità di finanziamento sono andate a braccetto. prima ancora ci furono altri finanziamenti attraverso la misura 5 “Aiuti all’artigianato”-Asse 5 Po Fesr messi a bando alla fine del 2009 dalla Regione che aiutarono a mettere qualcosa in moto con finanziamenti non solo a chi realizzava il capannone ma anche per macchinari e attrezzature.

L’urbanizzazione dell’area artigianale è stata molto travagliata. I primi lavori partirono già nei primi anni 2000 ma vi fu una controversia dapprima nell’aggiudicazione nell’appalto, con tanto di vicenda finita al Tar, e poi per la decisione della prefettura di Palermo che considerò l’impresa aggiudicataria “in odor di mafia”. Rimase tutto fermo quindi sino al 2011 quando per l’appunto si sbloccò l’ultima tranche di finanziamento per completare i lavori già avviati. I fondi utilizzati sono quelli ottenuti a suo tempo dal Consorzio artigiano Cosar che presentò il progetto dell’area artigianale, dal Patto territoriale del Golfo di Castellammare.

Due le imprese che sono già operanti oggi, una terza sta per partire. C’è comunque uno spiraglio di ottimismo: “Ritengo che nei prossimi anni la Regione ha una enorme potenzialità legata all’ingente disponibilità finanziaria dei fondi strutturali – aggiunge Varvaro – e avere un’area artigianale già definita è una grandissimo vantaggio per intercettare i fondi europei”.