CRONACA

Alcamo, ex consulente denuncia l’allora segretario comunale: ricorso respinto

Appello infondato, Cristofaro Ricupati (nella foto) non diffamò l’ex consulente dell’allora sindaco in carica Giacomo Scala. Così ha stabilito anche in appello la sezione civile del tribunale di Trapani che ha quindi messo la parola fine ad una querelle che si trascinava da anni e che già in primo grado aveva visto uscire Ricupati indenne dalla causa intentata nei suoi confronti.

Il caso è alquanto singolare e riguarda per l’appunto la nomina di consulente di Liborio Ciacio, storia che è sfociata in processi di natura penale e amministrativa con differenti conclusioni: nel primo caso nessuna condanna, nel secondo invece proprio nei giorni scorsi Scala è stato condannato a risarcire al Comune 46 mila euro per l’illegittimo conferimento della consulenza.

Dalla vicenda penale è scaturito poi quest’altro processo in sede civile: Ricupati, che all’epoca era segretario generale del municipio alcamese, durante le indagini dell’autorità giudiziaria sarebbe stato intercettato dalle microscopie proferire la parola “bastardo” all’indirizzo di Ciacio. Una volta venuto a conoscenza degli atti l’ex consulente decise di denunciare Ricupati chiedendo un risarcimento in sede civile per quell’esclamazione offensiva. Il giudice Monica Stocco ha stabilito che l’appello è infondato, andando comunque ad integrare la motivazione della sentenza del Giudice di Pace che già aveva scagionato da ogni accusa lo stesso Ricupati.

Secondo il giudice “la parte appellante non ha in alcun modo dimostrato, come era suo onere, tutti i fatti costitutivi dell’illecito e cioè il nesso di causalità, il danno ingiusto e risarcibile, nonchè la imputabilità soggettiva dell’illecito”. In poche parole il tribunale trapanese in questa sentenza di appello sostiene che “non risulta adeguatamente dimostrata la riconducibilità della condotta diffamatoria lamentata all’appellato Cristofaro Ricupati”.

Ma c’è di più: ad essere messo in discussione anche la ricostruzione in sè dei fatti e persino la certezza che la parola “bastardo” sia stata effettivamente pronunciata dall’ex segretario comunale. Al di là di questo aspetto, c’è anche un’altra motivazione che va a smontare le pretese di Ciacio: “Non risulta fornita – si legge sempre nelle motivazioni della sentenza – adeguata dimostrazione della condotta illecita, atteso che l’utilizzo di un unico epiteto offensivo in una conversazione privata, quale ‘bastardo’, non può essere considerato di per sé solo idoneo a offendere l’onore e la reputazione altrui ma appare riconducibile al mero utilizzo del turpiloquio da parte del profferente”.

Infine non risulta dimostrata l’esistenza del danno non patrimoniale patito e da qui l’appello v iene considerato infondato.
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