CRONACA

Alcamo, Vito Nicastri “bruciato” ma irresistibile: le intercettazioni che svelano i retroscena

E’ lui il “vero regista delle strategie societarie”. Vito Nicastri, 63 anni, è l’imprenditore alcamese sempre più “re dell’eolico”, nonostante le misure restrittive e la consapevolezza di avere gli occhi puntati addosso. Ma la verità è che per la politica ad alti livelli il suo “appeal” è irresistibile. Al punto da riuscire a far superare ogni paura di essere coinvolti e di finire a loro volta nel mirino degli inquirenti.

Quel che viene fuori dall’ultima operazione che ha coinvolto anche pezzi grossi del governo nazionale (tra tutti Paolo Arata, ex consulente della Lega per l’energia ed ex deputato di Forza Italia) e il figlio di Vito Nicastri, Manlio, 32 anni, oltre a funzionari regionali, è che i coinvolti in questa vicenda non solo sapevano di avere gli occhi puntati addosso ma in modo spavaldo addirittura volevano andare avanti. Considerate queste premesse un epilogo quasi scontato quindi l’arresto di Nicastri padre e figlio, così come del docente universitario genovese Paolo Arata per l’appunto e del figlio Francesco su cui c’è la misura cautelare a firma della Dia di Trapani coordinata dalla Procura di Trapani.

Le accuse a vario titolo sono di corruzione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni: tutti soci occulti dell’imprenditore dell’eolico Nicastri, ritenuto a sua volta dai magistrati tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Gli Arata da mesi erano indagati per un giro di mazzette alla Regione siciliana che coinvolge proprio Nicastri per favorire progetti nell’ambito dell’eolico e anche dei rifiuti. Emerge un aspetto davvero clamoroso e cioè che Manlio Nicastri e Francesco Arata sapevamo benissimo ad un certo punto di essere intercettati.

A scoprire tutto il figlio del “re dell’eolico” che dapprima si accorse che di fronte alla sua abitazione c’era una telecamera puntata. A quel punto proprio Nicastri junior e Francesco Arata insieme si recano da un elettrauto a Catania dove fecero controllare un’auto in loro uso da una terza persona. Dopo qualche istante Manlio Nicastri diceva: “A posto dai, grazie” e poi rivolgendosi a Francesco Arata aggiungeva “levala”, incontrando l’opposizione di quest’ultimo che replicava: “Noo…no…no..”.

Nel tragitto di ritorno verso il loro ufficio, Nicastri tornava ad interrogarsi su ciò che sarebbe stato più opportuno fare: “…Ma che dobbiamo fare, la togliamo?”, mentre Arata ribadiva che non aveva nulla da temere.

La “brutta notizia” del rinvenimento della microspia veniva tempestivamente preannunciata telefonicamente da Francesco Arata al padre Paolo. Vito Nicastri aveva una doppia considerazione: da una parte dallo stesso Francesco Arata in un’intercettazione veniva considerato “bruciato” perché oramai troppo sotto i riflettori della giustizia, dall’altra però era venerato perché si era consapevoli che fosse una vera “mente” nell’ambito dell’eolico e per i suoi intrecci con colletti bianchi della burocrazia pubblica e della politica.