Lavori pubblici

Alcamo marina e la frana del 2009, Comune ordina studio geologico

Un nuovo studio geologico per rilevare lo stato dello smottamento di Alcamo marina in seguito alla frana del 2009 che ha comportato a tutt’oggi l’interdizione all’utilizzo di diverse villette situate su quella che è stata ribattezza come “la collina del disonore”. Ad ordinarlo l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Domenico Surdi per capire cosa fare e se almeno in parte far rientrare in possesso le abitazioni ai legittimi proprietari.

In tal senso il dirigenze della Direzione 2 alla Protezione civile, Venerando Russo, con propria determina si è nominato responsabile del procedimento. Dunque andrà lui personalmente a portare a termine l’iter che dovrà portare all’esecuzione di questo studio geologico.

Per questa frana furono condannate nel dicembre tre persone per abusivismo edilizio: secondo quanto stabilito in primo grado dal tribunale civile di Trapani due di loro apportarono negli anni diverse modifiche al loro immobile, senza però alcuna autorizzazione del Genio civile provocando sbancamenti di terreno che poi sarebbero stati la causa della frana; una terza persona invece avrebbe deviato il canale di scolo, comportando un’alterazione del suo deflusso e anche questo avrebbe determinato pesantemente il disastro.

Per 6 proprietari degli immobili, in parte danneggiati e oggi non abitabili, sono stati disposti risarcimenti per un totale di 200 mila euro. In particolare lo studio geologico sarà effettuato sul versante di contrada Giovenco, delimitato in senso nord/sud tra la via del Mare (ex statale 187) e dei Mughetti ed in senso est/ovest tra le vie degli Ibiscus e delle Buganville.

Operazione finalizzata alla verifica delle condizioni di sicurezza di carattere geomorfologico che incombono sulle abitazioni presenti a valle lungo la via del Mare. Dal processo su tale vicenda sono usciti di scena il Comune di Alcamo e la compagnia assicurativa Generali: il municipio non avrebbe avuto colpe dirette per quanto accaduto, mentre l’agenzia non deve risarcire nulla in quanto le coperture assicurative stipulate sugli immobili non prevedevano eventi come frane, smottamenti o cedimenti.

In particolare, sulla base delle perizie tecniche che sono state portate avanti nel corso della causa, è emerso sarebbe stata anzitutto realizzata una piscina, un muro di contenimento in calcestruzzo armato, nuove pavimentazioni, percorsi e scale di collegamento, nonché due tettoie, “procedendo a movimenti di terra e sbancamenti del tutto vietati nella zona in cui ricade l’immobile”.

Sempre la consulenza ha accertato che il muro di contenimento del terrapieno crollato si trovava in precarie condizioni di sicurezza in quanto fondato su un precedente muro a secco che a sua volta poggiava su terreni superficiali privi di un efficace sistema di drenaggio ed in una zona decisamente concava. Analogamente, il muro di contenimento della terrazza sottostante, anch’esso crollato, era stato realizzato senza autorizzazione ed era fondato su terreni superficiali.

Secondo quanto è emerso dalla ricostruzione dei consulenti, in questa situazione del tutto carente di sicurezza, sul terrapieno poi crollato si riversava l’acqua proveniente dal canale di gronda attraverso il foro praticato da uno dei tre responsabili condannati al risarcimento in seguito alla realizzazione di una tettoia la cui messa in opera aveva comportato la deviazione dell’originario canale di scolo.