Ricorso in Cassazione per chiedere l’assoluzione di Vincenzo Gatto (nella foto a destra), l’alcamese di 26 anni che dal 2015 è in carcere con l’accusa di aver ucciso Enrico Coraci (a sinistra) con la complicità del fratello Francesco, di 33 anni. L’avvocato Cinzia Pecoraro, che da poco ha assunto la sua difesa, si prepara a presentare istanza contro la sentenza d’appello che ha condannato i due riconoscendo qualche attenuante tanto da essersi visti annullare l’ergastolo inflitto in primo grado.
Per il legale emergono delle forti discrasie specie per le dichiarazioni rilasciate dal “super testimone”, l’uomo che avrebbe assistito al delitto. “Per Vincenzo ci sono prove della sua estraneità ai fatti” conferma la Pecoraro. L’avvocato a giorni depositerà il ricorso in cui sta mettendo in evidenza le varie incongruenze che, a detta sua, sarebbero emerse durante i dibattimenti dei primi due gradi di giudizio:
“Anzitutto Francesco ha sin da subito escluso ogni partecipazione al delitto da parte di Vincenzo – afferma Cinzia Pecoraro – assumendosi ogni responsabilità. Non c’era alcuna premeditazione e ci sarebbero alcuni testimoni a confermarlo”.
Questi sono i testimoni che avrebbero assistito all’iniziale litigio tra Coraci e Francesco Gatto che si è consumato in un locale di Alcamo, con il primo a sferrare un pugno sul volto sino a far sanguinare il 33enne. Secondo la ricostruzione dei carabinieri la vittima, una volta uscito dal locale, sarebbe stato seguito e freddato poi dai Gatto per un regolamento dei conti.
“Questi testimoni sostengono di aver visto Vincenzo intervenire per sedare la lite e metterci la buona parola – evidenzia il legale -. Tanto che Coraci e Francesco Gatto sono stati visti far pace e addirittura baciarsi, proprio per intercessione del fratello più piccolo. Il loro successivo dove avvenne il delitto incontro fu casuale”. Cosa ci faceva allora dentro l’auto guidata dai presunti assassini un fucile, utilizzato poi per freddare Enrico Coraci?
“Francesco Gatto – ribatte Cinzia Pecoraro – ha spiegato che l’auto non era sua, non sapeva che vi fosse al suo interno un’arma. Lo stesso super testimone ha fornito tre diverse versioni. Poco chiaro anche questo aspetto”. Lo stesso supertestimone ha sostenuto che prima che Francesco sparasse il fratello Vincenzo, al suo indirizzo, gli fece il segnale di stare in silenzio, cosa che quindi ha convinto i giudici che sapesse cosa stessa accadendo e che per Coraci fosse stato preparato un agguato in via Ruisi, strada nel cuore del quartiere popolare del “Villaggio regionale”.
“Prove e intercettazioni – rilancia l’avvocato – non collimano assolutamente con questa ricostruzione”.