Enti locali

Partinico, commissario scrive “capo famiglia” in un comunicato e diventa un caso politico

E’ polemica a Partinico per un termine utilizzato dal commissario straordinario del Comune Rosario Arena in un comunicato. L’amministratore dell’ente locale nella nota scrive “capo famiglia”, facendo riferimento al ritiro delle mascherine che il Comune sta distribuendo gratuitamente alla popolazione.

Una distribuzione che sta avvenendo in forma scaglionata e che si concluderà il prossimo venerdì 8 maggio seguendo un ordine alfabetico. A far scatenare le polemiche una frase in particolare: “La distribuzione, avverrà in ordine alfabetico per cognome del capo famiglia” scrive Arena nella missiva. Una terminologia che viene stigmatizzata dai consiglieri del gruppo “Città nuova” Gaspare Sollena e Toti Comito:

“Si usa l’infelice, anacronistico e discriminatorio concetto di ‘capo famiglia’, – scrivono i due esponenti dell’assise – piuttosto che riferirsi ad un componente per ciascun nucleo familiare. Lo stupore e l’amarezza sono dovuti sia dalla mancata conoscenza di norme di diritto, poco accettabile se a non conoscerle è un uomo delle istituzioni, sia dall’intrinseco significato che implicitamente si attribuisce al termine di ‘capo famiglia’, che evoca un’epoca in cui la tanto agognata parità tra i sessi era una chimera”.

Il commissario però questa volta preferisce non alimentare alcuna polemica: “Polemiche sterili a cui non do peso” sono le sue uniche parole.

ECCO IL COMUNICATO INTEGRALE DI COMITO E SOLLENA

gruppo consiliare Città Nuova

Comunicato stampa

Abbiamo letto con stupore e amarezza l’avviso del Commissario Straordinario del Comune di Partinico del 4 maggio 2020 relativo alla distribuzione delle mascherine donate dalla Regione Sicilia-Protezione Civile ove usa l’infelice, anacronistico e discriminatorio concetto di “capo famiglia”, piuttosto che riferirsi ad un componente per ciascun nucleo familiare.

Lo stupore e l’amarezza sono dovuti sia dalla mancata conoscenza di norme di diritto, poco accettabile se a non conoscerle è un uomo delle istituzioni, sia dall’intrinseco significato che implicitamente si attribuisce al termine di “capo famiglia”, che evoca un’epoca in cui la tanto agognata parità tra i sessi era una chimera.

Certamente è più importante la sostanza dei fatti, cioè che avvenga la consegna delle mascherine e che le stesse vengano utilizzate correttamente, però la forma e il rispetto della civiltà non deve necessariamente passare in secondo piano sol perché viviamo una epidemia sanitaria.

A beneficio del commissario evidenziamo che (tratto da wikipedia) il capofamiglia è il membro della famiglia al quale norme giuridiche o sociali attribuiscono autorità sugli altri membri. In molte società questo ruolo spetta o spettava al marito-padre; così anche nelle società occidentali fino agli anni settanta del ventesimo secolo, che attribuivano al capofamiglia un vero e proprio potere giuridico sulla moglie (potestà maritale) e sui figli minorenni (patria potestà), conferendo il ruolo alla donna solo in mancanza del marito.

L’evoluzione dei costumi verificatasi nel XX secolo ha indotto molti paesi a rivedere il proprio diritto di famiglia sostituendo alla preminenza del marito la parità tra i coniugi; tale processo, peraltro, si è svolto con tempi e gradi diversi nei vari ordinamenti; in generale, prima è stata attenuata e quindi soppressa la potestà maritale, poi alla patria potestà è stata sostituita la potestà genitoriale (o concetti analoghi) attribuita ad entrambi i genitori. In quest’ottica, la tradizionale figura del capofamiglia non poteva che risultare obsoleta ed infatti vari paesi l’hanno eliminata dal loro diritto di famiglia. In Italia la norma contenuta nell’art. 144 del Codice Civile, che prevedeva il ruolo di capofamiglia e lo attribuiva al marito, è stata abrogata dalla legge 19 maggio 1975, n. 151 (riforma del diritto di famiglia); in un primo tempo la qualifica di capofamiglia era stata mantenuta ai soli fini anagrafici, ma è stata soppressa anche in quest’ambito dal nuovo regolamento anagrafico approvato con D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, i cui articoli 6 e 21 prevedono la figura del responsabile delle dichiarazioni anagrafiche e dell’intestatario della scheda di famiglia.

Il termine capofamiglia viene talora usato nel linguaggio antropologico, sociologico ed economico per indicare il membro della famiglia il cui lavoro all’esterno rappresenta la principale fonte di reddito familiare (con lo stesso significato si usa anche il termine inglese breadwinner, letteralmente “chi guadagna il pane”). L’uso del termine non è casuale perché nelle società occidentali del passato costui era il marito, mentre la moglie non lavorava fuori dalla famiglia (come avveniva in particolare nelle famiglie borghesi) o, se aveva un lavoro esterno, non rappresentava comunque la principale fonte di reddito familiare. Oggi, invece, il lavoro femminile fuori dalla famiglia è molto più diffuso e sono sempre meno infrequenti i casi in cui i redditi percepiti dei due coniugi sono più o meno equivalenti o, addirittura, è il lavoro della donna principale fonte di reddito; inoltre, si stanno diffondendo modelli di famiglia diversi da quella tradizionale, come la famiglia monoparentale, nella quale c’è un solo genitore, per lo più la madre, il cui lavoro all’esterno finisce per essere la principale se non l’unica fonte di reddito familiare.

Detto questo, non possiamo che sperare che non venga negata la consegna di mascherine alle donne, sulla ipotetica ragione dell’assenza del ruolo di capofamiglia!

In conclusione, esprimiamo solidarietà alle donne ed auspichiamo che il Commissario porga loro le dovute scuse.

 

 

 

 

I consiglieri

   Gaspare Sollena

                                                                           Toti Comito