CRONACA

Mafia,Vito Roberto Palazzolo: i boss si incontravano a Trappeto

Il finanziere di Terrasini depone per la prima volta davanti ad un Tribunale e racconta i suoi rapporti con Totò Riina, Nino Rotolo e Nenè Geraci. E punta il dito contro la “corruzione capillare, che andava da Roma fino in giù”.

Vito Roberto Palazzolo racconta i suoi affari con i padrini della vecchia mafia. Dal tesoriere dei boss parte pure un attacco alle “difficoltà burocratiche che sembrano non essere cambiate, perché se si segue la stampa degli ultimi giorni… una corruzione capillare, che andava da Roma fino in giù…”.

L’uomo partito da Terrasini per cercare e trovare fortuna in giro per il mondo è evidentemente interessato alle notizie dell’inchiesta “Mafia Capitale” e attacca la burocrazia, facendo un parallelismo fra le vicende scoperchiate dalla procura di Roma e quelle su cui ora indaga la procura palermitana.

Palazzolo, per la prima volta da quando ha accettato di collaborare con i magistrati palermitani, depone davanti alla sezione misure di prevenzione di Tribunale, presieduta da Silvana Saguto, che si occupa del sequestro dei beni di Antonino Nania, fratello dell’ergastolano Filippo e cugino del patriarca di Partinico, Nenè Geraci, ormai deceduto.

Palazzolo nega di essere stato affiliato a Cosa nostra – a differenza di quando stabilito da una sentenza definitiva di condanna -, ma ammette di avere fatto affari con i boss durante le sue permanenze in Svizzera, Germania e Sudafrica. “Nel periodo in cui risiedeva in Svizzera ha avuto contatti con esponenti di Cosa Nostra?”, gli chiede il pubblico ministero Dario Scaletta: “Ho avuto rapporti con Geraci… Antonino Geraci, di Partinico…. ‘o scorpione, lo chiamavano… Ho incontrato Riina…. Io ho incontrato Tognoli, Leonardo Greco… quelli che erano coinvolti nella Pizza Connection, Riina non era coinvolto nella Pizza Connection, era Badalamenti ed altri”.

Allora era alle dipendenze di un colosso del tabacco: “Ho conosciuto vari esponenti, tutti commercianti e trafficanti di sigarette, siccome in Svizzera il mercato parallelo delle sigarette non è un reato, io ero un agente della Philip Morris, e vendevamo sigarette a tutti i trafficanti napoletani e siciliani di sigarette. E’ un mercato parallelo”. Sono gli anni della Pizza Connection, quando la mafia aveva la necessità di riciclare i soldi guadagnati con droga, che interessano i magistrati: “Io ero il Presidente della Consultfin SA, una società finanziaria legata al credito svizzero, e ho trasferito dei fondi per conto di questo Tognoli, che secondo lui, era un industriale del tondino di ferro di Brescia… in realtà era il compare di Leonardo Greco di Bagheria, l’ho saputo dopo, questo”.

Palazzolo ammette anche di avere avuto rapporti con “Nino Rotolo”, storico capomafia del mandamento palermitano Pagliarelli e ricorda bene che “il volume di affari in tutto il totale era 56 milioni di dollari. Dai fini degli anni ’70 al 1982, inizio ’83”.

A fine ottobre la Direzione investigativa antimafia ha sequestrato l’impero economico del costruttore monrealese Calcedonio Di Giovanni. Tra i beni, che valgono mezzo miliardo di euro, passati in amministrazione giudiziaria ci sono anche un centinaio di case nel villaggio vacanze Kartibubbo a Campobello di Mazara. Ed è proprio a Kartibubbo che, secondo l’accusa, sarebbe emerso “il collegamento di Di Giovanni con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale, ossia Vito Roberto Palazzolo. Il villaggio Kartibubbo viene rilevato dal Di Giovanni – si legge nel provvedimento del Tribunale misure di prevenzione di Trapani – da potere del Palazzolo, con un notevole investimento posto in essere in un momento in cui Di Giovanni era del tutto sfornito di redditi leciti”. Il villaggio, dunque, sarebbe stato costruito con i soldi della mafia riciclati dal finanziere.

Ora è lo stesso Palazzolo a raccontare un retroscena: “Io ho conosciuto Geraci a causa della mediazione che ha offerto quando ho ceduto il progetto Campobello Park Corporation, villaggio turistico che io volevo realizzare, assieme a dei finanziatori tedeschi, a Campobello di Mazara e dopo tutte le varie difficoltà burocratiche, a livello nazionale e a livello regionale, mi è stato consigliato di venderlo, e Antonino Geraci ha funzionato da mediatore e ha incassato anche la mediazione. Sempre e dopo avere raggiunto tutti i nulla osta, tutti… mi era stata bloccata la concessione della spiaggia, avevo chiesto la concessione della spiaggia, che è… a tratti… non è che è tutta chiusa… dove il sindaco si era opposto, e a seguito di questo mio nonno si era rivolto a questi vicini di Partinico per vedere se potevano mediare questa soluzione… Mio nonno conosceva qualche mafioso, però non si è rivolto a un mafioso, si è rivolto… al Geraci… al cugino del mafioso”.

E fu Geraci ad offrire a Palazzolo una villetta in contrada Ciammarita, a Trappeto, dove trascorrere le vacanze e che poi lo stesso Palazzolo avrebbe comprato dal costruttore Nania ora sotto processo alle Misure di prevenzione. Di Nania Geraci non aveva una grande considerazione. Lo chiamava il “fratello cretino” per distinguerlo da Filippo, “persona seria e più inserita”, racconta oggi il dichiarante che non vuole cucita addosso l’etichetta di collaboratore di giustizia e sulla cui attendibilità sono in corso le verifiche della Guardia di finanza.

La stessa villetta divenne il punto di riferimento per chi voleva incontrare Nenè Geraci: “… spesso e volentieri venivano esponenti della Cosa Nostra di tutta la Sicilia che incontravano… che cercavano Geraci, a volte lui c’era, a volte non c’era…”.

di Riccardo Lo Verso (livesicilia)