CRONACA

Non coprì i boss di Borgetto, assolto imprenditore di Partinico: “Non ha commesso il fatto”

Era accusato di “favoreggiamento aggravato” per avere sostenuto agli inquirenti di non essere mai stato vittima del racket delle estorsioni. Dunque con la “macchia” di avere coperto noti esponenti mafiosi che lo volevano taglieggiare. Il giudice per le udienze preliminari Gabriella Natale ha assolto con formula piena l’imprenditore partinicese Salvatore Brugnano, titolare dell’omonima azienda che produce vino in città, finito sotto accusa nell’ambito dell’operazione antimafia “Kelevra” che ha portato al rinvio a giudizio di tutti e 12 gli imputati, compreso il factotum di Telejato Pino Maniaci.

Brugnano ha scelto il rito abbreviato e nell’arco di poco più di un anno la sua posizione è stata chiarita con l’assoluzione. Il titolare della nota azienda vitivinicola erano finito nel calderone dell’indagine dopo che i carabinieri captarono un dialogo tra due noti mafiosi di Borgetto, Giuseppe Giambrone e il capomafia Nicolò Salto.

Il primo diceva al secondo che si era recato all’azienda e aveva avanzato la richiesta estorsiva di 30 mila euro. Gli inquirenti si recarono dall’imprenditore qualche tempo dopo per avere riscontri su questa richiesta di pizzo ma lo stesso Brugnano negò di avere mai avuto una “visita” della mafia. Per questo motivo finì sotto accusa, e gli inquirenti si convinsero che l’imprenditore avesse mentito.

Il gup, che ha seguito sin dalle prime battute per la Procura questa indagine, ha assolto Brugnano per “non aver commesso il fatto”. Ora per le motivazioni si dovranno attendere i 90 giorni canoni per il deposito della documentazione della Procura palermitana. “Non avevo dubbi sull’innocenza del mio assistito – afferma il legale di Brugnano, Nicola Degaetano (nella foto) – anche perché sono da sempre convinto che una semplice intercettazione, senza essere suffragata da altre circostanze, non può essere una prova. Il giudizio abbreviato lo avevamo richiesto non perché si puntava a qualche sconto di pena ma semplicemente perché il mio cliente voleva uscire subito da questo fardello di una tale infamante accusa”.

Per gli altri 11 imputati che non hanno richiesto rito abbreviato, tra cui Giambrone, Salto e Maniaci, il processo si aprirà il prossimo 19 luglio. Per tutti sono stati confermati i capi d’imputazione con qualche piccola eccezione riguardo ad alcune ipotesi di ricettazione che sono invece cadute. Un’inchiesta nata dalle intercettazioni ambientali e telefoniche che per tre anni sono andate avanti a Borgetto nell’ambito di presunte estorsioni ad operatori economici locali e condizionamenti di tipo mafioso al Comune.

Per caso da queste intercettazioni  venne fuori anche la posizione di Pino Maniaci, scoperto secondo l’accusa a chiedere somme di denaro al sindaco di Borgetto Gioacchino De Luca e all’ex assessore Gioacchino Polizzi, anch’esso di Borgetto, in cambio di una linea soft nel suo telegiornale.