CRONACA

Partinico, interdittiva antimafia per imprenditori dell’antiracket: “Deluso dallo Stato”

Nuovi guai per i fratelli imprenditori partinicesi Giovanni (nella foto) e Salvatore Amato, rispettivamente di 41 anni e 36 anni. Le loro imprese sono state oggetto di un’interdittiva antimafia da parte della prefettura di Palermo. In parole povere sono state segnalate come potenziali imprese inquinate da Cosa nostra e per questo estromesse da ogni possibilità di avere rapporti con le pubbliche amministrazioni.

La prima immediata conseguenza è stata quella di aver subito la revoca di un appalto dalla vicina Alcamo per la realizzazione di un campo polivalente coperto: una commessa da quasi mezzo milione di euro. La prefettura ha emesso nei confronti della ditta un’informativa che di fatto annovera queste due realtà imprenditoriali in una sorta di “black list” da cui Comuni, Regione e tutte le altre aziende pubbliche non potranno attingere.

Le prime avvisaglie per gli Amato erano già arrivate nel luglio scorso quando la prefettura cancellò dalla lista delle associazione Antiracket la LiberJato” di Partinico che aveva tra i suoi soci fondatori proprio i due fratelli. Giovanni e Salvatore Amato sono figli di Giuseppe, 71 anni, l’imprenditore edile di Partinico che diede la sua carta d’identità al capomafia Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina.

Amato è stato anche esattore del pizzo per conto dei Vitale di Partinico, ha subito un sequestro di beni ma, secondo la prefettura, ha continuato a gestire le imprese di famiglia intestate ai figli. Da tempo, però, Giuseppe Amato ed i figli si sono dichiarati fuori da Cosa nostra, sostenendo di avere cambiato stile di vita e ripudiando Cosa nostra. La stessa impresa edile sarebbe stata più volte oggetto di furti e danneggiamenti nel tempo, come denunciato proprio da Giovanni Amato. L’associazione partinicese li ha accolti a braccia aperte sostenendo la loro “riconversione”.

Gli Amato sono stati anche destinatari di gravi minacce di stampo mafioso: una lettera di questo tenore gli fu inviata pochi giorni dopo la denuncia di Giuseppe e Giovanni Amato agli esattori del pizzo della famiglia mafiosa Vitale. Contro di loro gli Amato si sono anche costituiti parte civile. In particolare gli imprenditori partinicesi hanno testimoniato al processo contro Alfonso Bommarito, arrestato nell’operazione “The End” del dicembre 2011 e ritenuto estorsore dei Vitale.

Il nome di Giovanni Amato, nell’agosto del 2012, era stato fatto in un’altra lettera di minacce recapitata, questa volta, all’allora presidente dell’associazione antiracket Francesco Billeci. Proprio sulla scorta di questa tribolata storia alle spalle Giovanni Amato: “Io e mio fratello siamo incensurati e stiamo pagando per errori fatti 20 anni fa da mio padre. A sua volta mio padre nel frattempo ha dimostrato di aver preso le distanze, ha denunciato con noi i mafiosi. In questi anni la mia impresa ha subito furti e danni per 70 mila euro. Oggi mi sento deluso da quello Stato che credevo fosse dalla mia parte e che invece si ritorce contro di noi”.

“Abbiamo fatto ricorso – aggiunge il loro legale, Nicola Degaetano – al Consiglio di giustizia amministrativa contro l’ordinanza del Tar di Palermo nella consapevolezza dell’ampia discrezionalità concessa ai prefetti nell’adozione di tali provvedimenti”.