CRONACA

Partinico, aggressione a senegalese: davanti al Gip uno degli arrestati racconta la sua versione

Nelle immagini della videosorveglianza diffuse dai carabinieri il giovane senegalese Khalifa Dieng subisce solo, vorrebbe anche allontanarsi ma c’è chi gli trattiene la bicicletta su cui era in sella. Contro l’evidenza di questa prova ci sono le parole di uno degli aggressori dell’extracomunitario. Le ha pronunciate ieri Lorenzo Rigano, 37 anni, davanti al Gip Fabrizio Anfuso e al pm Alessia Sinatra.

Non ha risposto alle domande ma ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee: “Io – ha detto – sono intervenuto per separare Dieng da mio cugino, ma nel frattempo la discussione è andata avanti, si sono alzati i toni e anche io ho preso un pugno. A quel punto ho reagito e mi sono lasciato andare”. Eppure di quel pugno non sembra esserci traccia nel video.

Il citato cugino, Gioacchino Bono, 34 anni, invece ha fatto scena muta all’interrogatorio di garanzia. Entrambi sono agli arresti domiciliari per quell’aggressione con l’accusa di lesioni personali con l’aggravante di avere agito con la “finalità dell’odio etnico e razziale”. Lo stesso Rigano ha poi riferito che sarebbero state rivolte un paio di frasi all’indirizzo del senegalese ma non dello stesso pesante tenore come ricostruito dall’indagine dei carabinieri (“Guarda quel figlio di buttana negro di merda. Siete tutti dei figli di buttana. Ve ne dovete andare dal nostro paese. Ti rompo la faccia, io ti posso dire figlio di buttana, che minchia vuoi”, ndc).

Il 37enne è difeso dall’avvocato Andrea Bragato, l’inchiesta è condotta anche dal pm Gery Ferrara. La Procura e i carabinieri stanno cercando di individuare, attraverso il video e le testimonianze raccolte, gli altri partecipanti all’aggressione. Ma non è per nulla facile e lo spiega lo stesso Gip: “Si è svelata una diffusa e desolante coltre di omertà”. Khalifa Dieng, 19 anni, è stato pestato in piazza Santa Caterina lo scorso 26 luglio.

In tanti hanno visto quel che accadeva ma si sono solo limitati, e nemmeno con grande convinzione, a fermare la furia del “branco” e nulla di più. Sentiti dai carabinieri hanno omesso di indicare chi fossero gli autori dell’aggressione, eppure in quella piazza vi erano gli “abituali frequentatori” come è emerso dalle indagini. Dunque tutte facce conosciute. Persino l’amico di Dieng, un ragazzo di 15 anni che vive con lui nella comunità e che in quei drammatici momenti erano insieme, avrebbe raccontato solo una mezza verità non avendo il coraggio di indicare gli aggressori o comunque di descriverli: “Mi sono subito allontanato dopo aver visto il mio amico discutere” ha detto ai carabinieri.

Ma sono le immagini della videosorveglianza di un locale in zona ad aver svelato che il minorenne ha raccontato una bugia perchè all’aggressione era presente in quel momento ed ha visto tutto. Persino un altro giovane, che come svelano le telecamere era intervenuto per sedare la rissa, ha sostenuto di non essere in grado di descrivere con compiutezza gli accadimenti ed i responsabili perché si trovava a distanza intento a mangiare una pizza.

Solo il certosino lavoro dei carabinieri della Compagnia cittadina, al comando del capitano Marco Pisano, ha permesso di ricostruire con esattezza la dinamica di quanto accaduto in quella piazza. Bono è stato riconosciuto dallo stesso extracomunitario per il tatuaggio che ha sull’avambraccio sinistro riportante l’emblematica scritta: “Solo Dio può giudicarmi”; Rigano invece, da tutti conosciuto con il soprannome di “Sciarunu”, è stato riconosciuto per la sua estrema magrezza e per alcuni tratti somatici caratteristici.