POLITICA

Partinico, la città dell’apparenza e dalla legalità di cartone-L’EDITORIALE

Per strada, davanti ai microfoni, davanti ad un pubblico il rituale a Partinico è sempre lo stesso. Si inneggia alla “legalità”, al “cambiamento”, si dice no alla “vecchia politica” e ai suoi giochi di potere, e poi per impupare il tutto si parla anche di “bene comune”. Ma in realtà la vera Partinico, o comunque la fetta più grossa di chi quantomeno muove voti e consensi, è quella che sta dietro le quinte.

Fuori dai microfoni, a taccuini chiusi, a telefoni spenti. Ed è qui che si consumano le reali strategie della politica: le pedine da piazzare, gli uomini da “sistemare”, i conti da far quadrare. E per conti non si intendono quelli disastrati di un municipio dilaniato da un ultimo ventennio di totali sperperi, e non lo diciamo noi ma lo ha ribadito tante e tante volte la corte dei conti. I conti “veri” sono quelli semplicemente di far equilibrare i posti di governo e sottogoverno. Poi alla fine chi si piazza e delle sue qualità ha poca importanza.

Quel che sta accadendo oggi nella politica locale, con l’epilogo delle dimissioni presentate ieri dal sindaco dopo neanche un anno di governo, rispecchia ciò che accade nel buio delle virtuali stanze del potere. Sino a 10 mesi fa tutti ad inneggiare l’uomo pescato dalla società civile, e gli 8 mila voti del ballottaggio (i due terzi del totale, ndr) ne sono la totale testimonianza. Nacque così il sindaco Maurizio De Luca (nella foto a sinistra) mentre i furbastri già si sfregavano evidentemente le mani pensando che “il pranzo è servito”. Forse nessuno poteva immaginarsi che in realtà De Luca quella tavola l’aveva già sparecchiata e non solo a parole in un palco della piazza durante i suoi comizi. Niente diktat, nessuna imposizione, nessun uomo piazzato lì solo per far piacere a qualcuno.

Gli uomini proposti lui se li voleva scegliere sulla base delle loro competenze. Potrebbe apparire un ragionamento in antitesi rispetto a ciò che è accaduto ma in realtà così non è. Vero è che la prima squadra di governo era composta da due “palermitani”, Rosi Pennino e Patrizio Lodato, ma parliamo di esponenti politici e allo stesso tempo dal “curriculum pesante”: Pennino la sindacalista, la donna impegnata nel sociale da decenni; Lodato già assessore al Comune di Palermo e all’ex Provincia.

Quindi due pedine non piazzate a caso ma con la strategia di dare un contributo. Permetteteci di fare un sillogismo solo per paragonare le ultimissime due campagne elettorali a Partinico che apparentemente potrebbero sembrare slegate ed invece hanno un robusto filo che li lega con un finale però diverso. Nel 2013 un altro uomo della società civile viene catapultato nell’agone politico, lo stimato avvocato Gianfranco Bonnì (nella foto a destra). Anche qui si cominciano a sprecare termini come “legalità”, “trasparenza” e “cambiamento”.

Con lui i tantissimi scontenti della legislatura appena finita con Salvo Lo Biundo, il più classico dei “travestiti” giovani con una cultura da vecchia politica dove a vincere sono i “patti”, i voti e il manuale Cencelli. Bonnì sembrava destinato ad una vittoria schiacciante, anche perchè sul piano della statura morale, professionale e dell’appeal tra i cittadini dalle mani libere tra i due contendenti non vi era il minimo confronto.

Qui però la candela ha smesso di bruciarsi anzitempo, cioè tra il primo turno e il ballottaggio. Perchè Bonnì ha sin da subito fatto emergere che non si transigeva sulla scelta degli uomini e che l’era dei compromessi era già finita. I voti non valevano nulla per lui, ciò che valeva era la moralità e la capacità, il resto solo fuffa. Una chiusura totale ai vecchi volponi che nel frattempo, tra il primo turno e il ballottaggio avevano già pianificato come e dove inserire le loro pedine.

Ma qui si è abbassata la saracinesca e probabilmente sono emersi anche i limiti caratteriali di un candidato sindaco poco avvezzo al dialogo se non per mettere sul piatto cose reali, concrete egli uomini a suo dire migliori per risollevare un Comune che già all’epoca era stato quasi del tutto demolito finanziariamente e non solo. Infatti qualcosa si è rotto e qui si è messa in moto la politica del potere delle stanze segrete: al primo turno con appena 2 liste civiche Bonnì è testa a testa con Lo Biundo sindaco uscente sostenuto da ben 7 liste, entrambi appaiati ad oltre 4 mila preferenze.

Al ballottaggio sembrava una formalità perchè in questi casi a vincere è il voto d’opinione. Invece qualcosa cambia, i “ripudiati” assessori armano la loro “vendetta”, mettono in moto la macchina del fango e quella del potere. 15 giorni dopo Lo Biundo si afferma con quasi 2 mila voti di scarto. Le accuse mosse furono le stesse identiche che oggi vengono rivolte a De Luca: “Non dialoga, si chiude a riccio, fa scelte di testa sua”. Un refrain già sentito……
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