CRONACA

Partinico, costringevano minore a vendere droga: domiciliari per il “capo” banda

I carabinieri hanno eseguito un ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti di Agostino Arancio, 19 anni, accusato di estorsione e spaccio di stupefacenti.

Il giovane insieme a due complici di cui uno minorenne avrebbe ceduto 50 grammi di marijuana ad uno studente tunisino residente a Partinico e chiesto anche con botte e minacce di spacciare la droga e consegnare i 400 euro frutto della vendita. Il provvedimento è stato firmato dal gip Annalisa Tesoriere.

Le indagini sono state condotte dai militari della compagnia di Partinico e coordinate dal pm Giulia Beux. E’ stato il ragazzo tunisino stanco di essere minacciato a raccontare tutto alla madre. Da qui che hanno preso il via le indagini. “Se non spacci la marijuana bruciamo la macchina a tua madre e la porta di casa”, avrebbero detto i tre ragazzi allo studente.

Insieme ad Arancio sono coinvolti Giuseppe Oliva e un minorenne. Oliva era già finito ai domiciliari dopo che a dicembre scorso aveva preteso e ottenuto un acconto di cento euro dal ragazzo tunisino sullo spaccio. I militari che li seguivano lo hanno bloccato in piazza Poetessa Bonura con ancora i soldi in tasca, 5 banconote da 20 euro. Per Oliva sono scattati i domiciliari con l’accusa di estorsione aggravata in concorso e cessione di sostanze stupefacenti a minorenne.

Nel cellulare di Oliva sequestrato sono stati trovati messaggi whatsapp e note che fanno riferimento alla trattativa tra i quattro giovanissimi. “Rimanenti per Agostino 170”, o “420 Agostino dare 270 Zen”. Per lo studente tunisino sono stati mesi di infermo. Era minacciato anche a scuola. Qui più volte sono andati a trovarlo per chiedere conto dei soldi e dello spaccio della droga.

Un giorno a fine novembre dello scorso anno Oliva si presentò a scuola. Voleva i soldi. Non appena lo studente disse di no, prese schiaffi e il suo cellulare venne lanciato e danneggiato.

“Tunisino di merda, puoi chiamare i carabinieri, stasera tu non torni a casa”. Stanco delle minacce e dei soprusi alla fine si è ribellato e con il sostegno dei familiari ha consentito la prosecuzione delle indagini.