CRONACA

Partinico, processo da rifare per maestre violente: “Pene troppo basse” per la Cassazione

Processo da rifare in Appello perchè le pene applicate in appello sono troppo basse. La Cassazione ha depositato le motivazioni del rinvio in appello del processo alle tre maestre accusate di maltrattamenti nei confronti di una classe elementare dell’istituto “Capitano Polizzi” di Partinico, con l’aggravante che di mezzo vi era persino un disabile.

Per la Suprema corte, secondo quanto riporta il Giornale di Sicilia, le pene che sono state inflitte in appello sono troppo lievi rispetto alle responsabilità delle tre docenti. I giudici scrivono che addirittura è “irrevocabile l’accertamento delle responsabilità” delle insegnanti e “il trattamento sanzionatorio” è ritenuto inadeguato in relazione alla gravità dei fatti.

Sulla base di questa tesi è stato rimandato tutto ai giudici di secondo grado che quindi dovranno nuovamente rifare il processo. In appello le tre maestre, difese dagli avvocati Miriam Lo Bello, Vincenzo Giambruno, Enrico Sanseverino e Salvatore Bonnì, hanno continuato a respingere ogni accusa: alla fine era stata ridotta notevolmente la pena e caddero alcuni capi di imputazione.

La pena più alta venne inflitta a Vita Fuoco, 47 anni: un anno e 10 mesi;  alla collega Francesca Orlando di 63 anni vennero inflitti un anno e 8 mesi; infine pena di un anno e mezzo per Giuseppina Mattina, 53 anni. In buona sostanza avevano avuto la pena dimezzata rispetto alla sentenza di primo grado. Allo stesso tempo erano anche state ridotte e in alcuni casi del tutto eliminate le provvisionali per risarcimento danni riconosciute in primo grado ai genitori dei bimbi che avevano subito i presunti maltrattamenti.

Le indagini furono portate avanti dalla guardia di finanza di Partinico ed avevano messo in luce il comportamento adottato dalle maestre in classe: schiaffi, calci, punizioni, urla e insulti. Tutto ripreso dalle telecamere nascoste che erano state piazzate dagli investigatori nell’aula dove avvenivano le violenze. L’inchiesta è nata quando i genitori di una delle giovani vittime, una bambina di 6 anni, hanno visto la figlia colpire e sgridare la sua bambola preferita.