Cronaca

Partinico, non coltivavano marijuana ma pomodori: in due scagionati dal tribunale

“Ambiguità delle risultanze istruttorie”. A questa conclusione sono arrivati non solo il giudice ma persino l’accusa, tanto da chiedere l’assoluzione dei due imputati per non aver commesso il fatto. Ed alla fine è stata questa la formula con cui sono stati scagionati da ogni accusa due partinicesi, Giuseppe Inghilleri di 26 anni e Giuseppe Taormina di 37, entrambi difesi dall’avvocato Cinzia Pecoraro.

Erano finiti sotto processo perchè accusati originariamente di aver coltivato sostanza stupefacente. A conclusione del processo, durato ben 4 anni, non sono venuti fuori fatti inconfutabili. Una terza persona che all’epoca venne arrestata con loro dai carabinieri, giudicata in altro processo, Giovanni La Corte di 73 anni, anch’esso partinicese e zio di Taormina, si è preso completamente la responsabilità di quella piantagione. I due hanno sostenuto nel corso del processo che in realtà si erano recati in quell’appezzamento di terreno per raccogliere dei pomodori.

Ed effettivamente nel fondo di La Corte, accanto alla rigogliosa coltivazione di marijuana, vi era per l’appunto un’area in cui venivano coltivati i pomodori. Sin dall’interrogatorio di garanzia per tutti e tre gli indagati la tesi era stata questa e cioè che era esclusivamente il La Corte ad occuparsi della droga. L’operazione scattò nell’estate del 2013 quando i militari dell’Arma portarono avanti un’indagine in cui scoprirono questo appezzamento in contrada Lavatore, in prossimità della statale 113 nel tratto che collega Partinico con Alcamo.

Furono rinvenute 155 piante di cannabis indica, occultate da numerosi ceppi di vite. In pratica la coltivazione era stata realizzata in modo tale che la marijuana non superasse in altezza quello dei filari di vite per non essere visibile. Durante gli appostamenti i carabinieri effettivamente scoprirono che La Corte innaffiava le piante, mentre Taormina e Inghilleri avrebbero avuto un ruolo di sentinelle.

Furono visti con fare guardingo e i carabinieri captarono anche dei segnali, per l’esattezza dei fischi, con cui a loro dire avrebbero segnalato eventuali movimenti sospetti. Nel corso del processo il perito tecnico ha sostenuto che considerando la zona in cui si trovava la coltivazione, dove perennemente soffia del vento e vi sono anche dei costanti rumori di fondo, fosse “difficile se non impossibile che il La Corte avesse udito dei fischi da dove si trovava”.

Il pm Silvia Siracusa, alla luce di quanto emerso, ha chiesto l’archiviazione delle accuse ed il giudice Daniela Vascellaro ha assolto i due partinicesi: “Le circostanze emerse dall’esperita istruttoria – scrive – non sono univocamente dimostrative del concorso dei due imputati nella coltivazione della piantagione di marijuana di cui La Corte si è assunta l’esclusiva responsabilità”.

Inoltre furono sentiti all’epoca anche i familiari di Taormina e Inghilleri e assicurarono che quella mattina si recarono sul fondo agricolo perchè avrebbero dovuto raccogliere i pomodori. Anche il luogo in cui sono stati visti dai carabinieri lascerebbe dubitare che effettivamente fossero in grado di poter controllare la zona anche solo dal punto di vista visivo. “La giustizia ha trionfato – afferma l’avvocato Pecoraro -. Dopo anni di dibattimento siamo riusciti a dimostrare l’assoluta estraneità dei miei assistiti. Non hanno avuto nessun ruolo, erano solo lì per raccogliere pomodori”.