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(VIDEO)Le immagini dell’aggressione, le voci dei vicini di casa.”Perché non ci hai detto niente?” Rabbia e lacrime per la fine di Ana

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“Sorella mia, non volevo crederci, invece è tutta realtà. Tu, sorella, amica, confidente, compagna di mille avventure insieme, dimmi come hai potuto permettere tutto questo, come hai potuto ti facessero del male?”. Chi conosceva Ana Maria Lacramioara Di Piazza, la trentenne originaria della Romania uccisa dall’uomo con cui aveva una relazione da circa un anno, cerca delle risposte e condivide il proprio dolore sui social, ma soprattutto si chiede il perché del suo silenzio: “Perché non mi dicevi cosa stavi passando realmente? Ti avrei capita e aiutata. Perché non hai fatto niente? Chi ti ha fatto tutto questo deve pagare. Ti voglio un mondo di bene, angelo mio, non ti dimenticherò mai. Sarai sempre nel mio cuore”, si legge accanto ad una foto delle due amiche abbracciate e sorridenti.

La giovane Ana avrebbe sofferto senza dire nulla. Probabilmente, di quel rapporto clandestino – confermato da Antonino Borgia, il 51enne che ha confessato il delitto – si era stancata, ma non avrebbe parlato delle sue preoccupazioni coi suoi affetti più cari, che dopo la sua morte si chiedono il perché di tanta violenza: Ana, che aveva rivelato a Borgia di aspettare un bambino da lui, è infatti stata picchiata e accoltellata prima che il suo corpo venisse nascosto tra le campagne della statale 113. L’uomo è stato rinchiuso al Pagliarelli con l’accusa di omicidio, occultamento di cadavere e procurato aborto.

Per colpire la ragazza avrebbe utilizzato un coltello da cucina, quello poi ritrovato ancora sporco di sangue dai carabinieri. Durante la sua confessione ha confermato di avere avuto una “frequentazione” con la giovane che lo avrebbe minacciato di raccontare tutto alla moglie, se lui non le avesse dato dei soldi. Richieste, che, sempre in base a quanto Borgia ha riferito agli investigatori, sarebbero andate avanti dalla scorsa estate. L’uomo ha anche aggiunto di avere “aiutato economicamente la ragazza” negli ultimi mesi e di avere ricevuto la richiesta di 3 mila euro pochi giorni fa, soldi di cui non era in possesso ieri, quando i due si sono incontrati. Sarebbe inoltre stato informato della gravidanza due settimane fa.

Un incontro sfociato nel sangue, con una prima aggressione ripresa da alcune telecamere della videosorveglianza, poi proseguita con le coltellate mortali. Nel filmato si sentirebbe anche la ragazza chiedere aiuto, disperata e sanguinante. Eppure a Giardinello, dove viveva dopo essere stata adottata quando aveva quattro anni, Ana credeva di potere avere un futuro migliore. Aveva un fratello che vive all’estero, ma ormai la sua vita era qui in Sicilia. Nel paese del Palermitano abitava con la madre, il figlio di 12 anni nato da una precedente relazione e la nonna. Saltuariamente lavorava, cercava di essere indipendente economicamente.

In molti l’avevano conosciuta a Partinico, visto che aveva lavorato in ristoranti e pizzerie del grosso centro alle porte della città. “Era sempre sorridente e allegra – dice Francesca, che con la ragazza aveva condiviso una stagione estiva – ma da tempo avevamo ormai perso i contatti. Sono ancora incredula e sotto choc, quello che le è accaduto è surreale”. Il femminicidio di Ana Maria Di Piazza si aggiunge al tragico bilancio che proprio in questi giorni è stato diffuso in vista della Festa Internazionale contro la violenza sulle donne. I dati raccolti dalla Polizia di Stato sono agghiaccianti: ogni giorno in Italia 88 donne sono vittime di atti di violenza, una ogni 15 minuti. “Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali e culturali e a tutti i ceti economici. E nonostante i reati come il maltrattamento in famiglia siano in diminuzione, il numero delle vittime di sesso femminile è in aumento”.

Un dato positivo però c’è. Riguarda una maggiore tendenza alla denuncia. Aumenta infatti il numero delle donne che si rivolgono alle forze dell’ordine dopo aver subito un atto ritenuto violento. Si tratta probabilmente di una delle conseguenze del “Codice Rosso”, la legge entrata in vigore ad agosto che prevede una sorta di corsia preferenziale per le denunce che riguardano maltrattamenti, violenza sessuale, stalking e lesioni aggravate in contesti familiari o relazioni di convivenza. L’obiettivo è infatti di ridurre i tempi dei procedimenti per evitare il peggio.

DI Monica Panzica e Piero Longo