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Alcamo, immobili abusi salvati dal consiglio comunale: Comune perde 11 cause, niente appello

Oltre al danno anche la beffa. Chi ha realizzato quei famosi immobili abusivi in zone sottoposte a vincoli di inedificabilità non solo non pagherà nessun canone, ma per giunta il Comune è stato condannato alle spese di giudizio. Le prime 11 sentenze di soccombenza sono arrivate: il municipio dovrà sborsare quasi 18 mila euro, cifra che adesso è diventata un debito fuori bilancio che a breve sarà chiamato a riconoscere il consiglio comunale.

Oltretutto pare che l’orientamento dell’ufficio legale del municipio sia quello di non proporre appello, come confermato nel corso di una delle ultime audizioni in II commissione consiliare dove si sta studiando il caso: “A seguito della richiesta dell’ufficio competente, – ha evidenziato l’istruttore direttivo tecnico Francesco Milazzo – l’Avvocatura Comunale ha valutato che non ci sono i presupposti per proporre l’appello alle sentenze, anche in considerazione dei procedimenti ancora pendenti presso il Tribunale di Trapani, dei quali ancora si attende la pronuncia”.

In tutto parliamo di una sessantina di contenziosi che si sono instaurati tra chi ha realizzato e occupato sino ad oggi l’immobile, e il Comune. Tutte case che nel 2014 il consiglio comunale ha deciso di salvare dall’abbattimento dichiarando “l’esistenza di un interesse prevalente di uso per fini pubblici, rispetto a quello di ripristino dell’assetto del territorio violato”.

Fu così deciso di dare in concessione le abitazioni agli stessi occupanti che hanno commesso l’abuso. Da qui gli uffici comunali hanno stabilito di apporre un canone di occupazione, cosa che ha fatto innescare il contenzioso. Secondo i ricorrenti l’amministrazione comunale avrebbe dovuto tener conto delle tariffe per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, e non applicare quelle dell’Ufficio delle entrate, come previsto dalla legge regionale del 7 giugno del 1994, che ha recepito una sentenza della Corte costituzionale. Insomma, una sorta di canone a tariffe molto “popolari”.

In tutti i casi in cui il Comune ha perso in giudizio, il Giudice di Pace ha accertato la carenza dei presupposti di legge legittimanti l’utilizzazione economica dell’immobile acquisito al patrimonio comunale, in particolare: la dimostrazione dell’occupazione “Sine Titulo” dell’immobile, l’agibilità e l’utilizzabilità per scopi umani in condizioni di sicurezza per l’incolumità e per la salute, le condizioni strutturali, il valore del bene e dunque la misura dell’indennità di occupazione. Con questa serie di motivazioni è stata dichiarata l’illegittimità dell’opposizione del Comune e sono stati accolti i ricorsi. Ora tocca all’assise riconoscere le salatissime spese legali.