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Terrasini, aggredì sindaco e venne licenziato: il giudice però lo reintegra

«Licenziamento illegittimo, il lavoratore va reintegrato». L’ordinanza del giudice del lavoro Dante Martino cancella la rimozione dal suo posto di lavoro di un dipendente comunale di Terrasini. Ma l’impiegato, Vincenzo Anania, 58 anni, non è ancora tornato al suo posto: l’amministrazione, dice il sindaco Giosuè Maniaci, si sta attivando per eseguire il provvedimento ma al tempo stesso sta preparando l’opposizione. Anania era un precario stabilizzato il 20 maggio dell’anno scorso.

Questa circostanza ha giocato a suo favore: il giudice non ha tenuto infatti conto della sfilza di contestazioni disciplinari che nel tempo erano state elevate al lavoratore, eccezion fatta soltanto per una. E questo perché la stabilizzazione instaura tra le parti un rapporto di lavoro ex novo e non si può tenere conto degli addebiti relativi al periodo precedente, quello in cui Anania aveva un rapporto di lavoro a tempo determinato. Alla tirata dei conti, secondo il giudice, una sola può essere la contestazione disciplinare da tenere in conto, ed è quella del luglio del 2020, quando Anania ebbe uno scontro verbale con il sindaco, in visita al parco giochi di Villa a mare, dove prestava servizio lo stesso dipendente.

Secondo la ricostruzione dei fatti, oltretutto confermata anche dall’impiegato, il primo cittadino aveva esortato Anania a mettersi in servizio ma lui avrebbe prima di tutto sostenuto di non star bene e di avere dei giramenti di testa, poi avrebbe anche detto al sindaco: «Io qua non ci voglio stare… Non voglio fare nulla… Non voglio sudare». Sulla base di quest’unica contestazione ritenuta valida, il giudice considera sproporzionato il licenziamento. Per di più sempre il tribunale del lavoro contesta le motivazioni riportate dal Comune nel procedere al licenziamento.

L’operaio venne accusato di «scarso rendimento» ma tale motivazione è stata considerata troppo generica: «Non contiene – sostiene il giudice – una sufficiente e specifica descrizione della condotta posta in essere dal ricorrente. I fatti appaiono non adeguatamente circostanziati». Nell’ordinanza il tribunale annulla per questo motivo il licenziamento, ordina il reintegro del lavoratore e condanna il Comune a pagare tutte le spese di giudizio.

Non solo: dovrà anche liquidare al lavoratore una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali con la medesima decorrenza. Le contestazioni non tenute in considerazione riguardavano la produzione di certificati medici, per un totale di 14 giorni di assenza, senza l’invio telematico che oggi nella pubblica amministrazione è obbligatorio.

L’avvocato di Anania, Francesco Saladino, evidenzia che nonostante l’ordinanza fosse immediatamente esecutiva, a oggi il Comune non ha ancora disposto la reintegrazione del lavoratore. «Ci stiamo già adoperando per dare seguito all’ordinanza – conferma Maniaci – ma nel contempo è stata intrapresa la successiva

fase di opposizione avanti allo stesso tribunale, che ha già fissato l’udienza di trattazione, prevista nel gennaio 2021. Noi riteniamo iniquo il provvedimento pronunciato».