Cronaca

Uccise l’amante a Partinico, la difesa dell’imputato: “Il delitto fu un raptus dopo un ricatto“

Secondo la difesa, tutto dimostrerebbe che l’omicidio di Ana Maria Lacramioara Di Piazza – uccisa con dieci coltellate mentre era incinta di quattro mesi – non sarebbe stato né premeditato, né compiuto con crudeltà né tantomeno per futili motivi. L’avvocato Salvatore Bonnì, che assiste Antonino Borgia, l’imprenditore di Partinico imputato per il delitto e reo confesso, ha chiesto alla Corte d’Assise presieduta da Sergio Gulotta, di condannarlo sì, ma soltanto per omicidio volontario, senza le aggravanti contestate dalla Procura.

Lunedì scorso il sostituto Chiara Capoluongo aveva chiesto invece la condanna all’ergastolo per Borgia, sposato e padre di tre figli, che con la vittima aveva avuto una relazione. Nel processo si sono costituiti parte civile anche i parenti della giovane, il cui corpo venne ritrovato il 22 novembre del 2019 nelle campagne lungo la statale 113, con l’assistenza dell’avvocato Angelo Coppolino. La sentenza è attesa per l’inizio di aprile.

Stamattina la parola è dunque passata alla difesa. Borgia, che è stato sentito durante il processo e si era detto “pentito”, consapevole di aver “rovinato due famiglie”, ma anche di non riuscirsi a spiegare cosa gli sarebbe passato per la testa quella mattina. Ed è proprio la tesi del delitto d’impeto che l’avvocato ha sostenuto davanti ai giudici: la ragazza era infatti riuscita a scappare ed era stata accoltellata a più riprese. Ad armare la mano dell’imputato non sarebbero stati poi motivi futili, secondo l’avvocato, ma un ricatto: in particolare la vittima avrebbe chiesto dei soldi per abortire a Borgia, minacciando che se non glieli avesse dati avrebbe raccontato della loro storia alla moglie. Quella dell’imputato sarebbe stata quindi una reazione, certamente sproporzionata, come ha sottolineato l’avvocato, al timore di essere scoperto.

Per la difesa, inoltre, il delitto non sarebbe stato premeditato: l’imputato avrebbe aggredito la ragazza con i pantaloni abbassati, l’aveva rincorsa ed era poi anche passato dalla sua casa di campagna per prendere delle coperte con le quali avrebbe voluto coprire il cadavere. Se l’omicidio fosse stato organizzato prima – sostiene l’avvocato – Borgia si sarebbe attrezzato per tempo.

Un altro elemento che la difesa ha offerto come spunto alla Corte è legato al contenuto di alcune intercettazioni in carcere, in cui l’imputato – non sapendo di essere registrato – ripete “non volevo ucciderla”. Secondo le tesi difensive, quella mattina Borgia avrebbe avuto un appuntamento con un cliente che avrebbe dovuto consegnargli dei soldi, quelli che poi avrebbe dato alla vittima per l’aborto. Ma il cliente non si sarebbe presentato all’incontro fissato per le 7.30. Se l’avesse fatto, invece, secondo l’imprenditore, non ci sarebbe stata poi la lite con la ragazza e di conseguenza neppure l’omicidio. Il cliente è stato sentito durante il dibattimento ed ha però negato che quel giorno aveva un appuntamento con l’imputato.

L’avvocato ha sottolineato poi che Borgia avrebbe voluto portare la vittima in ospedale, perché avrebbe voluto salvarla. “Ma soffriva – aveva detto l’imprenditore – e per non vederla soffrire l’ho finita”. Insomma Borgia era convinto che per Ana Maria Lacramioara Di Piazza non ci fosse più nulla da fare, mentre, come poi ha stabilito l’autopsia, la vittima avrebbe potuto essere salvata.

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