Cronaca

Castellammare del Golfo, processo “Cutrara” alla mafia: su 21 imputati in 14 chiedono rito alternativo

Sui 21 imputati del processo “Cutrara”, scaturito dall’operazione antimafia sul territorio di Castellammare del Golfo, in 14 hanno chiesto un rito alternativo a quello ordinario. Tra questi figura il sindaco Nicola Rizzo che ha optato per l’abbreviato e con lui figurano Felice Buccellato, Carlo Valenti, Camillo Domingo, Diego Angileri, Maurizio Mulè, Antonio Sabella, Francesco Stabile, Francesco Di Bono e Francesco Virga.

C’è poi il rito abbreviato condizionato all’esame dell’imputato per Daniele La Sala, stessa modalità anche per Salvatore Mercadante condizionato però all’esame di alcuni testi, mentre si proseguirà con il rito ordinario per il boss Francesco Domingo e per Rosario Di Stefano, Lilla Di Bartolo, Nicola Di Bartolo, Francesco Ancona e Salvatore Labita. Patteggiamento richiesto invece per l’ex vice presidente del consiglio comunale di Castellammare del Golfo Francesco Foderà e per Vito Di Benedetto.

Questo il quadro dell’udienza preliminare che si è svolta questa mattina davanti Gup di Trapani Annalisa Tesoriere. Ogni decisione sui rinvii a giudizio e sui riti da celebrare sarà presa alla prossima udienza fissata pere il 6 aprile. Intanto sempre oggi il Gup si è pronunciato invece sulle ammissioni delle parti civili: tra queste figurano il Comune di Castellammare del Golfoe diversi associazioni antimafia e non solo.

A destare sicuramente scalpore l’incontro documentato tra il sindaco Rizzo che avrebbe avuto in casa di un parente acquisito con il boss Francesco Domingo, ritenuto lo storico capomafia castellammarese. Dalle intercettazioni dei carabinieri emergerebbe un dialogo fra i due con l’interessamento del boss per l’utilizzo di un immobile comunale. Le indagini dei carabinieri hanno dimostrato che, anche dopo aver scontato la lunga pena detentiva, Domingo sin dalla sua scarcerazione aveva immediatamente riassunto il ruolo di capo famiglia e che disponeva di una nutrita schiera di accoliti.

La carica rivestita da “Tempesta” era riconosciuta unanimemente anche dalle articolazioni di Cosa Nostra del resto della provincia trapanese. Ad essere state documentate estorsioni, dialoghi oltreoceano per la riorganizzazione del mandamento mafioso e intimidazioni.

Molti episodi di racket hanno riguardato soprattutto imprenditori agricoli ed edili che venivano costretti, tramite minacce o violenze, a versare somme di denaro destinate ai bisogni e alle esigenze dell’organizzazione mafiosa. Ma Domingo era, come nelle migliori tradizioni mafiose, il referente degli affiliati per la risoluzione delle controversie interne alla stessa famiglia.