Cronaca

Mafia, Brusca libero: indignazione da Capaci a San Giuseppe Jato, da Montelepre e Balestrate

Rabbia, incredulità, sconcerto. Sono i sentimenti che si accavallano fra loro nel comprensorio del partinicese e del carinese dopo la notizia della scarcerazione, seppur con tutte le cautele e le restrizioni, del superboss di San Giuseppe Giovanni Brusca. Ha scontato i suoi 26 anni, previsti come “beneficio” per i collaboratori di giustizia ritenuti “affidabili”, anche se nel tempo qualche perplessità in merito è stata avanzata.

Il primo pensiero è stato del sindaco di Capaci, Pietro Puccio, proprio quel paese in cui fu fatto saltare in aria il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti di scorta per mano proprio di Brusca: “Sapere che Giovanni Brusca, l’uomo che sciolse nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, che azionò il telecomando nella strage del 23 maggio che uccise decine di persone, torna libero per fine pena fa rabbia, tanta rabbia” commenta il primo cittadino. La sindaca di Montelepre, Maria Rita Crisci parla di “notizia che lascia esterrefatti”, mentre il suo collega di Balestrate Vito Rizzo commenta: “Per una volta consentiteci un ragionamento ‘di pancia’….stupore e sconcerto”.

Trasuda enorme indignazione la lunga lettera di Nicola Mannino, presidente del Parlamento della legalità, organismo che è partito da San Giuseppe Jato e che è cresciuto a livello nazionale facendo sentire la propria voce contro la mafia. Mannino è stato colui che ha sempre in prima persona tenuto per mano la mamma del povero Giuseppe Di Matteo, il piccolo sciolto nell’acido da Brusca per una vendetta nei confronti del padre divenuto nel frattempo un pentito:

“Spieghiamolo ai piccoli, ai giovani della ‘Nave della Legalità’, a chi ha partecipato a numerose iniziative a favore di una  cultura  della vita e della legalità vera, come può ‘il carnefice’ essere autorizzato a riassaporare la ‘libertà’, – scrive Mannino – la stessa che ha negato a tante sue vittime ancora vivi nel dolore dei propri cari”. Giovanni brusca venne arrestato nel 1996 nel suo covo in provincia di Agrigento e il fine la pena si è ancora accorciato per la “buona condotta” dopo che gli erano anche stati concessi alcuni giorni premio di libertà. Ora però si apre un caso complicato di gestione della libertà del boss e dei suoi familiari.

I servizi di vigilanza, ma anche di protezione pure previsti dalla legge, dovranno tenere conto dell’enormità dei delitti e delle stragi che lo stesso Brusca ha confessato. Non solo ha ammesso di avere coordinato i preparativi della strage in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta. Ha confessato numerosi delitti nella zona di San Giuseppe Jato. Brusca non nascondeva il tormento di ripassare in rassegna i suoi crimini più odiosi e quelli di cui era a conoscenza.

Ma mise da parte ogni remora quando ebbe la certezza che ne avrebbe ricavato quei benefici che ora gli hanno ridato la libertà. Dalle sue rivelazioni intanto presero subito l’avvio numerosi procedimenti che hanno incrociato pure i percorsi dell’inchiesta sulla “trattativa” tra Stato e mafia.