Cronaca

Partinico, non fu rapina: pene più lievi in abbreviato per due imputati

Un anno e 8 mesi complessivi di pena per l’aggressione nei confronti di un commerciante di nazionalità cinese a Partinico del novembre scorso. Così si è pronunciato il Gip del tribunale di Palermo Giuliano Castiglia nei confronti dei due imputati in abbreviato Giuseppe Davì, 29 anni, e Massimo Randazzo, 37 anni, i cui nomi vennero alla ribalta per quella che venne definita come una “violenta rapina”.

Ma non ha retto del tutto l’accusa nei loro confronti: il pm aveva chiesto tre anni ciascuno di reclusione ma nel corso del dibattimento è emersa un’altra ricostruzione dei fatti. Tanto che l’accusa di tentata rapina è stata trasformata in minacce aggravate, confermate soltanto le lesioni mentre è caduta del tutto l’imputazione per danneggiamento aggravato. Randazzo ha avuto inflitti 11 mesi e 20 giorni, con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, obbligo di dimora e divieto di uscire di casa dalle 20 e sino alle 7 dell’indomani; Davì invece, condannato a 8 mesi a 10 giorni, ha avuto la sola misura dell’obbligo di presentazione.

I due furono arrestati dalla polizia poco dopo il pestaggio che si consumò in un negozio della centralissima piazza Duomo di Partinico nei confronti di un negoziante cinese, Wenliang Wang di 49 anni. Gli agenti chiusero il cerchio in un lampo anche se altri due partecipanti a quell’aggressione sono rimasti ignoti. A Randazzo e Davì si arrivò anche grazie alle dichiarazioni dello stesso esercente che con lucidità, poco dopo l’aggressione, riuscì a descrivere i due nei minimi dettagli.

Nel corso però del processo i legali dei due imputati, Francesca Di Mattia e Antonio Maltese, hanno in parte ribaltato il quadro degli avvenimenti: «Il commerciante aveva maltrattato due bimbi di 5 anni che poco prima dell’episodio di violenza erano stati in quel negozio per comprare dei giochi pirici – ha raccontato Maltese -. Uno dei due bimbi era nipote di Randazzo che si recò lì per chiedere spiegazioni. Ne è nata colluttazione, che oltretutto è stata confermata dagli imputati. Ma non ci fu nessuna rapina e questo è confermato anche dalla dinamica delle immagini di videosorveglianza».

Invece secondo la ricostruzione degli inquirenti il commerciante fu colpito con calci e pugni nel tentativo di portargli via l’incasso. Al diniego di Wang di aprire la cassa si scatenò la furia della banda, la vittima dopo aver subito qualche colpo riuscì fortunatamente a divincolarsi e scappare evitando il peggio.  L’episodio accadde intorno alle 15,30, un orario in cui non c’è anima viva a Partinico anche per la concomitante chiusura dei negozi che alzano le saracinesche nell’orario pomeridiano non prima delle 16,30.

L’esercente, che oramai da 20 anni vive ed esercita a Partinico, nella sua versione dei fatti ha invece detto ai poliziotti che fu minacciato di aprire la cassa, e non lo fece. Da qui per lui sarebbero partite le mazzate. Calci e pugni che lo avrebbero anche raggiunto al viso. Un episodio che scatenò l’indignazione di tutti, a farsi da portavoce fu l’arciprete della città, monsignor Salvatore Salvia, che si recò al negozio della vittima per esternare a nome dei parroci la sua vicinanza e solidarietà.