Cronaca

Partinico, aggressione per odio razziale Condanne definitive per pestaggio a giovane senegalese

I partinicesi Gioacchino Bono, 37 anni, e Lorenzo Rigano, 40 anni, sono stati condannati in via definitiva a 2 anni e 4 mesi per l’aggressione ad un senegalese aggravata dall’odio razziale avvenuta a Partinico il 26 luglio del 2018. Per Bono la condanna è divenuta definitiva non avendo impugnato la sentenza di appello, mentre Rigano ha deciso di andare in cassazione vedendosi respinto il ricorso dichiarato “inammissibile” dalla presidente Maria Vessichelli.

Dunque alla fine per entrambi è stato confermato il massimo della pena per chi è imputato di questi reati. Il caso fece molto scalpore anche perché la stessa vittima, Khalifa Dieng di 19 anni, cittadino senegalese in quel momento ospite di una comunità locale, denunciò tutto pubblicamente avvalendosi anche dei social. Secondo quanto fu accertato dai carabinieri il giovane fu colpito ripetutamente con violenti pugni e calci al viso e su altre parti del corpo.

Le lesioni furono considerate “superficiali” all’orecchio sinistro e ferite al labbro superiore con prognosi di sette giorni. L’aggressione avvenne in pieno giorno in piazza Santa Caterina, nei pressi di un bar. Dieng fu fermato senza alcuna valida ragione dai due, e inizialmente aggredito verbalmente tra lo scherno di altre persone che si trovavano in zona: “Guarda quel figlio di but…. negro di merda. Siete tutti dei figli di but…., ve ne dovete andare dal nostro paese”, e ancora “ti rompo la faccia, io ti posso dire figlio di but…., che minchia vuoi”.

Poi in poco più di due minuti sono volati schiaffi, calci, pugni e spintoni e la situazione non è degenerata solo perché alcune persone sono intervenute per sedare gli animi. In tutto questo il senegalese non ha mai reagito, anzi ha tentato di far vedere un documento in cui mostrava di essere italiano. Rigano nel ricorso in terzo e ultimo grado ha sostenuto che nell’aggressione sarebbe intervenuto solo in un secondo momento, respingendo quindi l’ipotesi investigativa di aver avuto lo stesso ruolo di Bono.

Ad essere contestata anche la recidiva, che ha avuto un suo peso nella quantificazione della condanna, data l’assenza di precedenti per reati contro la persona mentre gli altri precedenti penali si riferivano allo spaccio di sostanze stupefacenti ma “risalenti nel tempo”, vale a dire a 8 anni fa. Entrambe le motivazioni del ricorso, però, sono state ritenute inammissibili: in primis perché “i dati probatori sono già stati vagliati con motivazione coerente e non manifestamente illogica, nelle motivazioni di merito”; in secondo luogo si da atto del “potere discrezionale del giudice di merito” riguardo all’applicazione della recidiva.

Importante e molto certosina fu l’indagine portata avanti dai carabinieri che, nonostante le oggettive difficoltà dettate anche dalla coltre di omertà di molti testimoni, riuscirono a chiudere il cerchio su due dei principali autori di quel pestaggio. Importante fu anche la risposta delle istituzioni ai vari livelli che non solo diedero solidarietà a parole ma aiutarono anche il ragazzo inserendolo nella cucina dell’Ars dove ha seguito uno stage per diventare cuoco, grazie all’interessamento dell’allora assessore comunale Rosi Pennino e del presidente dell’Assemblea regionale Gianfranco Miccichè.