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Cinisi, parla il genero dell’operaio edile morto “Si lamentava del ponteggio insicuro”

“Sino al giorno prima della tragedia sentivamo le sue lamentele riguardo alla scarsa sicurezza in quel ponteggio. Diceva che era stato realizzato male, senza professionalità. Ma non c’era scelta, a lavorare si deve andare per campare la famiglia”. Sono le parole di Umberto Cangelosi, genero di Angelo Giammanco, 67 anni di Terrasini, ennesima vittima sul lavoro, morto dopo un volo di 4 metri da un impalcatura sulla quale stava lavorando in via Venuti, a Cinisi. Non si riesce a dar pace per quello che è successo venerdì mattina:

“Non vogliamo parlare a sproposito – aggiunge – ma sappiamo quanto mio suocero soffrisse di questa scarsa sicurezza nei luoghi in cui lavorava. Il problema vero è che si deve intervenire per fare qualcosa, per rompere una volta per tutte questo terribile sistema che induce a dover sottostare a certe situazioni. Perché o si fa così o non si lavora, ed è quel che accade non solo nell’edilizia”. Sono in tanti ancora increduli per quanto accaduto a mastro Angelo, come veniva chiamato affettuosamente da amici e colleghi.

Era una sorta di “guru” nel suo lavoro: lo svolgeva da quando era ragazzino, in pratica da oltre mezzo secolo. Difficile quindi ipotizzare che da quell’impalcatura sia caduto per una sua imperizia per il semplice motivo che era molto esperto, sapeva dove mettere piedi e mani. I carabinieri stanno cercando di capire cosa sia successo e il perché Giammanco sia caduto da quell’impalcatura. Intanto ci sono due iscritti nel registro degli indagati della Procura: si tratta dell’amministratore unico della società affidataria dei lavori nell’immobile in cui stava lavorando la vittima e il proprietario dello stesso edificio.

L’accusa nei loro confronti è di omicidio colposo. Pare infatti dai primi riscontri che l’impalcatura sulla quale stava lavorando l’operaio non fosse regolare e in totale sicurezza, così come la posizione lavorativa del 67enne che non risulterebbe essere assunto in regola come ha avuto modo di confermare la Fillea Cgil. La magistratura ha disposto inoltre l’esame autoptico sul corpo dell’uomo.

Intanto si susseguono i messaggi di cordoglio, a spiccare fra tutti quello di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, organizzazione che nel territorio porta avanti temi sulla legalità: “In un momento come questo non possiamo non riflettere sul tipo di società in cui viviamo – si legge in una nota – e sulle scelte politiche che costringono un uomo di 67 anni a dover svolgere un lavoro usurante, forse privo di diritti contrattuali ed in condizioni pericolose per la propria vita, salire sopra un ponteggio per mantenere sé e la propria famiglia. Purtroppo la mancanza di rispetto della sicurezza sul lavoro è ancora molto diffusa, i salari sono sempre più bassi, le condizioni sempre più precarie e tutto ciò è stato reso ancora più grave dalla pandemia”.

Anche i sindaci di Terrasini e Cinisi, i due paesi coinvolti in questa tragedia, si stringono attorno alla famiglia della vittima: “Angelo – ha detto Giosuè Maniaci, primo cittadino terrasinese – è stato per la sua famiglia un marito fedele, un padre buono e generoso, che ha cercato sempre il bene dei suoi cari con ogni mezzo”. Il collega della vicina Cinisi chiede che le “autorità accertino le modalità con cui si è verificata la tragedia”.