Cronaca

Partinico, omicidio di Ana “Nessun raptus, l’assassino è stato lucido e violento”

Antonino Borgia aveva premeditato l’omicidio con lucidità ed ha tentato di far passare la tesi del “raptus”. A questa conclusione è arrivata la corte d’assise di Palermo che ha depositato le motivazioni della condanna all’ergastolo inflitta all’imprenditore 54enne di Partinico nell’aprile scorso per il delitto di Ana Maria Di Piazza Lacrimoara, trentenne di Giardinello.

Un fatto di sangue che fece scalpore, avvenuto il 22 novembre del 2019 tra le campagne di Balestrate e Partinico, non solo per le modalità efferate ma anche per l’atteggiamento avuto dall’uomo, in grado di tornare a casa nelle ore immediatamente successive all’omicidio e di provare a riprendere la sua vita quotidiana come se nulla fosse accaduto. Dopo aver ucciso la donna a coltellate e bastonate, e averla gettata in un terreno incolto di contrada Margi provando a occultarne il corpo, era andato dal barbiere, si era intrattenuto con dei clienti e aveva lavato e sistemato il furgone.

Proprio su questi atteggiamenti si imperniano in parte le motivazioni della corte d’assise di Palermo nel non riconoscere alcuna attenuante all’uomo che viene definito “reticente”, “lucido” e “violento”. Nella ricostruzione del delitto, il presidente della corte Sergio Gulotta evidenzia anzitutto quanto siano significativi i dialoghi audio estrapolati dalle immagini di videosorveglianza di una villa alla periferia di Balestrate, dove è avvenuta la prima aggressione a coltellate, dove la donna invocava aiuto e accusava l’uomo di averla presa in giro, di averle detto falsamente di amarla e di sapere i motivi di quel gesto: “È per il bambino, vero?”.

Ana Di Piazza infatti portava in grembo un figlio e questo sarebbe stato il dissidio sorto tra i due amanti, stando almeno al racconto di Borgia, il quale ha continuato a sostenere di essere continuamente sotto ricatto da parte della donna che chiedeva soldi in cambio del suo silenzio. Tesi che però non ha per nulla convinto i giudici che hanno parlato di incongruenze tra quanto detto dallo stesso Borgia nell’immediatezza dei fatti e quanto poi ha riferito in aula:

“Palesi appaiono le inverosimiglianze, le incongruenze, le illogicità, le reticenze di tali più dettagliate dichiarazioni, – si legge nelle motivazioni – volte ad avvalorare, in sintesi, la tesi del raptus omicida, anziché come invece la Corte ritiene provato il carattere programmato e premeditato del delitto”. Il giudice parla di “ammissioni agghiaccianti” quando Borgia ricostruisce le fase del delitto, specie nel passaggio in cui racconta di aver ripetutamente colpito con il coltello la giovane: “Ovunque, da tutte le parti, ovunque si girava ha detto in aula -. Ana soffriva, non parlava ma era molto sofferente. A quel punto ho trovato un bastone per strada e l’ho finita colpendola in testa perché era agonizzante”.

Che fosse tutto organizzato il presidente lo ribadisce nell’esaminare un elemento: “Borgia in questa sede e anche nel corso dell’interrogatorio reso innanzi al Pm, – si legge nelle motivazioni – non ha fatto alcun minimo accenno ai contatti che egli stesso aveva in precedenza avuto con un ginecologo di sua conoscenza per verificare la possibilità di praticare alla ragazza un aborto. In tal modo, egli ha di fatto completamente nascosto non solo l’evidente interesse che aveva manifestato per giungere a tale conclusione, ma, ancor di più, il grave stato di ‘disperazione’ che aveva suscitato in lui la notizia della impraticabilità di tale via… e che ha certamente costituito il movente della efferata azione delittuosa”.