Cronaca

Carini, sequestro società di rottami, riciclava e rivendeva metallo rubato

Carabinieri e guardia di finanza hanno sequestrato due società una con sede a Carini e l’altra a Palermo. La ditta carinese operava nell’ambito del commercio all’ingrosso di rottami metallici mentre l’altra in quella del recupero. Secondo l’accusa sono coinvolte nella ricettazione di materiali metallici di provenienza furtiva e traffico illecito di rifiuti. La misura cautelare è stata emessa dal Gip del tribunale di Palermo a conclusione dell’indagine preliminare diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Palermo.

Sequestrati beni mobili e immobili per un valore complessivo di circa un milione e 100 mila euro. Il provvedimento scaturisce da un’articolata attività investigativa iniziata nel giugno 2017 e conclusasi nel mese di giugno 2019 e condotta dalla compagnia Carabinieri di Cefalù e dalla tenenza della guardia di finanza di Carini. In particolare, l’attività investigativa permetteva di raccogliere gravi indizi di colpevolezza, sostanzialmente accolti nel provvedimento cautelare,  a carico delle due società, aziende leader in Sicilia nel settore della rottamazione dei metalli, e ritenute presunto punto di riferimento per una moltitudine di soggetti con precedenti penali specifici per reati contro il patrimonio.

Questi ultimi, giornalmente, si sarebbero recati presso queste aziende per conferire materiale metallico provento di furto o, comunque, di provenienza illecita. La polizia giudiziaria, nel complesso, ha documentato presunte cessioni di materiali per un corrispettivo di 2 milioni di euro circa. La sintesi investigativa permetteva, in alcuni casi, di monitorare l’intero illecito iter che, partendo dai furti commessi ai danni di privati o di aziende di pubblica utilità (come nel caso della società Enel), si concludeva con il conferimento presso gli stabilimenti delle aziende coinvolte nelle indagini, attraverso ricettatori intermediari.

Successivamente, tale materiale sarebbe stato oggetto di vendita ad altri gruppi commerciali compiacenti di maggiori dimensioni, con base a Roma e Bologna, ed operanti su tutto il territorio nazionale ed estero.  Gli ulteriori accertamenti eseguiti sulla documentazione amministrativo-contabile permettevano di individuare la quantità di materiale ferroso oggetto del reato e, successivamente, di quantificare l’ingiusto profitto derivante dalle vendite in nero.

Le indagini hanno portato al sequestro per equivalente, sino alla concorrenza di un milione e 100 mila euro, delle disponibilità finanziarie rinvenute in capo alle imprese coinvolte ed ai loro amministratori e soci, nonché delle due società e dei beni facenti parte del patrimonio aziendale. L’autorità giudiziaria ha affidato la gestione delle due società ad un amministratore giudiziario.