Cultura

Partinico, l’autonomia e la nascita del Comune nel libro dello storico D’Asaro

Sarà presentato domani, sabato 2 aprile, alle ore 18 al caffè letterario di Borgo Parrini di Partinico l’ultima fatica letteraria dello storico Leonardo D’Asaro dal titolo “Partinico-tappe del suo divenire”. Si tratta di una sorta di proseguo del lavoro già fatta da D’Asaro in precedenti volumi. In questo saranno chiariti l’ubicazione della stazione di posta, Parthenicum, le ragioni che avevano determinato una doppia fondazione della “Sala di Partinico” (Castellaccio e piazza Duomo) e la messa a fuoco del felice periodo che, nella seconda metà del Settecento, vide i Borboni gestire direttamente il territorio di Partinico, finanziando notevoli opere pubbliche, religiose ed assistenziali.

In quel periodo furono ampliati il santuario della Madonna del ponte, la chiesa Madre con la costruzione del campanile e del cupolone, vennero costruiti il terzo mulino (il primo che si incontra nell’omonima via) e la Real Cantina e fu sistemato il bacino del lago e altro ancora. Infine, uno spazio a parte ed una particolare attenzione sono stati destinati al passaggio di Partinico da “V Quartiere di Palermo” a Comune autonomo. Ciò perché l’evento, fino ad oggi, era stato scarsamente focalizzato e, purtroppo, semplicisticamente celebrato come una felice tappa verso la completa emancipazione di Partinico.

“L’assenza di notizie sull’evento – spiega D’Asaro – aveva impedito, fino ad oggi, di valutare correttamente uno dei periodi più oscuri e negativi della storia di Partinico. L’autonomia del Comune ha generato, disgraziatamente, un periodo di disagi e di miseria che hanno inciso profondamente sul carattere, sulla visione della vita, sulla mentalità e sull’indole dei partinicesi, portati alla cautela nell’affrontare o giudicare le circostanze che gli si pongono davanti, a volte con aggressività e istinto, ma, quasi sempre, con pessimismo, prudenza e cautela. Del resto, ricostruire le modalità di gestione del nuovo ente da parte di spregiudicati gestori della cosa pubblica permette di capire l’atavica abitudine a ignorare il bene comune e l’esclusiva attenzione verso i privati orticelli”.