CRONACA

Lupara bianca a Terrasini 17 anni fa, la figlia della vittima sarà testimone-chiave

Al processo ci sarà la figlia oramai maggiorenne e parteciperà come testimone chiave. Il processo è quello per la morte di Giampiero Tocco di Terrasini, ucciso con il metodo della lupara bianca il 26 ottobre del 2000 proprio in territorio terrasinese.

L’uomo venne sequestrato da un commando di persone travestite da poliziotti che avevano inscenato un posto di controllo a Terrasini: quando lo fermarono mentre era alla guida del suo fuoristrada, a bordo c’era proprio la figlia di sei anni che venne risparmiata mentre di lui non si seppe più nulla.

Nei mesi scorsi c’è stata una svolta per questo omicidio: in quattro sono stati arrestati perchè considerati organici alle famiglie mafiose di Carini e Torretta e autori di quella lupara bianca. Si tratta di Ferdinando Gallina, 40 anni, e Giovan Battista Pipitone, 68 anni, entrambi carinesi, Vincenzo Pipitone, 61 anni di Torretta e Salvatore Gregoli, 59 anni, palermitano.

Tutti sono considerati esponenti di spicco di Cosa nostra. I carabinieri sono arrivati a loro grazie alle rivelazioni fatte dal neo collaboratore di giustizia Antonino Pipitone, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Carini, e dei pentiti Gaspare Pulizzi e Francesco Briguglio. Dichiarazioni riscontrate poi dagli inquirenti con una serie di investigazioni che hanno finito per collimare.

Ora la figlia di Giampiero Tocco, secondo quanto riporta il Giornale di Sicilia, sarà sentita nel corso del processo come testimone. La giovane pochi giorni dopo la scomparsa del padre fu ascoltata dagli inquirenti e fece alcuni disegni attraverso i quali ricostruiva le fasi  di quel traumatico sequestro. Di questo delitto furono già accusate e condannate in via definitiva altre 5 persone: Salvatore e Sandro Lo Piccolo, Damiano Mazzola e per l’appunto i due pentiti Pulizzi e Briguglio.

Le dichiarazioni di Pipitone hanno permesso di confermare le ipotesi investigative:  questo delitto è da ricollegare alla scomparsa del figlio di Procopio Di Maggio, conosciuto come “Peppone”, ed alla reazione decisa dai Lo Piccolo che evidentemente avevano considerato questo sgarro una sorta di attacco al loro dominio criminale.