Cronaca

Partinico, omicidio Ana Di Piazza: ergastolo per l’imprenditore Antonino Borgia

La corte d’assise di Palermo ha condannato all’ergastolo l’imprenditore partinicese Antonino Borgia per l’omicidio della giovane Ana Di Piazza, 30 anni di Giardinello. Riconosciute quasi tutte le aggravanti per l’imputato: dai futili motivi all’interruzione di gravidanza, per arrivare al porto abusivo di armi.

Inoltre sono state riconosciute delle provvisionali per le parti civili, difese dagli avvocati Antonio Scianna e Angelo Coppolino: 220 mila euro per il figlio e la mamma della vittima, e 30 mila euro per il fratello.

Il giudice della I sezione, Sergio Gulotta, ha in buona sostanza accolto la ricostruzione fatta in aula dal pubblico ministero Chiara Capoluongo che aveva chiesto la massima pena in ragione della crudeltà e della premeditazione, a suo avviso, nelle azioni di Borgia. La giovane aveva intrecciato un rapporto extraconiugale con l’imprenditore.

Nel novembre del 2019 ci fu tra i due un litigio, dovuto al fatto che la donna aveva più volte chiesto un aiuto a Borgia per via del suo stato di gravidanza. Ne è nata una prima colluttazione a Balestrate, e una seconda sulla statale 113 a Partinico dove l’uomo accoltellò e colpì a bastonate Ana Di Piazza.

Una volta resosi conto della sua morte avrebbe tentato anche di occultare il cadavere nelle campagna di contrada Margi ma alcune segnalazioni misero sulla pista giusta i carabinieri che riuscirono a scoprire tutto.

Oltre all’ergastolo a Borgia sono stati inflitti anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la decadenza della potestà genitoriale.

“Sentenza giusta – afferma l’avvocato Antonio Scianna – che certamente non colma il vuoto lasciato da una giovane donna e madre. Sin dall’inizio il nostro lavoro è stato quello di cercare giustizia e non vendetta”.

“E’ la sentenza che attendevamo – gli fa eco il collega Angelo Coppolino -. Una decisione che rappresenta il giusto epilogo di una drammatica vicenda giudiziaria ed umana che ha visto spezzata una giovane vita, quella di Anna, e segnare per sempre quella della madre di lei e del figlio rimasto orfano all’età di 11 anni. La pena inflitta è giusta ed equa e deve servire da monito anche se la violenza di genere non può essere contrastata unicamente con strumenti repressivi e punitivi. Occorre una mobilitazione culturale che scuoti e informi le coscienze al rispetto della vita in sé e della donna in particolare nella sua dignità e integrità”.